martedì 15 giugno 2010

Articolazione triadica sul tema dell’Amore

Se volessimo applicare il sistema hegeliano dell’articolazione triadica al tema dell’Amore, individuando tesi, antitesi e sintesi, non potremmo prescindere dall’Idea, dalla Natura e dallo Spirito.
Ponendo l’idea di Amore come concetto astratto con le sue caratteristiche in luogo di tesi, avremmo, in luogo di antitesi, la sua materializzazione concreta e naturale,  che nell’uomo si manifesta attraverso “l’Eros”: il rapporto che conduce alla congiunzione tra i due amanti ed al risultato fisico della unione che consiste nel figlio, il risultato che sigilla e rappresenta la congiunzione, al di là dell’eventuale separazione degli amanti; in luogo di sintesi, avendo “Amore” ed “Eros” rispettivamente Idea e Natura, non potrebbe che essere il “Sentimento” la sintesi coprendo la posizione di Spirito.
Non vi è nulla che non direbbe lo stesso G. W. F. Hegel nel attribuire il concetto d’Amore ad una idea pura, l’Eros alla sua manifestazione naturale e dispiegamento nella fisicità dei corpi, il Sentimento alla cristallizzazione spirituale, e la conseguente purificazione ideale nello stesso concetto astratto.
Quindi ciò che è presente nella coscienza umana è il Sentimento dell’Amore, ciò che può essere provato nei confronti del partner a livello mentale ed esprimibile solo mediante il dialogo, il mezzo con il quale l’uno incontra l’altro (Secondo il principio dell’agire comunicativo di Habermas).
L’Eros, come sappiamo, si esprime nella fisicità del rapporto, nella congiunzione dei corpi e nella esaltazione della carne; il piano su cui ci si trova adesso non può che essere la realizzazione delle spinte irrazionali ed inconsce dell’Es (Così come ci insegna la scuola Freudiana), in netta contrapposizione della coscienza e della razionalità dello Spirito e del Sentimento.
Ma se l’Amore, l’Eros, ed il Sentimento (positivo) sono rappresentazione del “Desiderio dell’altro”, l’esatto contrario non può che essere la “Repulsione dell’altro”; quindi anche sull’opposto del “Desiderio dell’altro” è possibile costruire la relativa articolazione: sarebbe in questo caso l’Odio posto in luogo di tesi, in quanto idea pura ed astratta; sarebbe “Thanatos”, la violenza fisica, in luogo di antitesi consistente nella materializzazione dell’idea pura, e metodo coattivo; sarebbe in fine la “Minaccia” (Secondo il principio dell’agire strumentale) la sintesi tra “Odio” e “Thanatos”, la quale sia cristallizzazione dell’antitesi, e passo precedente alla tesi pura.
Il “Thanatos”, come sappiamo, si esprime nella fisicità del rapporto, nello scontro dei corpi, e nella distruzione della carne; il piano è lo stesso che per l’Eros: l’Es.
La “Minaccia”, che esclude il contatto fisico, è il mezzo con il quale lo Spirito manifesta la repulsione: il mezzo è il messaggio.
A questo punto è breve il passo a concepire una sovrarticolazione triadica che veda tesi l’Amore, antitesi l’Odio, e sintesi la Passione. Il perché si spiega facilmente.
Consideriamo la “Passione” come concetto astratto al di là di desiderio e di repulsione; è “energia neutra”. La sua materializzazione, quindi la sua antitesi, è “l’Azione”, anch’essa neutra, e considerata in questa accezione del termine; e così anche neutra è la sua sintesi: “Potenza”, che è lo stato dello Spirito conscio del saper muovere l’altro.

Questa sovrarticolazione rappresenta i possibili rapporti tra un individuo ed un altro, ma il discorso non finirebbe qui, in quanto tutte le idee, tutti i concetti, tutta la realtà, in quanto ragione, sono concettualizzabili e schematizzabili nella triadicità dell’articolazione, e quindi l’Amore non è che un momento della realtà razionale o della ragione reale che, come una matrice, riempie il Tutto.

sabato 12 giugno 2010

Fenomenico, Lenti azzurre e Percezione.

Immanuel Kant sosteneva che la realtà è fatta congiuntamente da Fenomenico e Noumenico: tutto ciò che è tangibile: può essere misurato, contato, pesato, quantificato, toccato, giudicato, ed è all'interno delle coordinate assolute di spazio e tempo, immanente, fisico, materiale; e tutto ciò che può essere pensato ma non conosciuto: ipotizzato, teorizzato, al di là di spazio e tempo, il trascendentale, metafisico, l'ideale, il divino.
L'uomo, in quanto essere sensibile, è capace di percepire la realtà, ma purtroppo non nella sua interezza: la ragione, la matematica, la fisica, la misura, non si possono spingere oltre il fenomenico; per il noumenico invece l'uomo non può adoperare più che l'intuizione e, nei casi di credenza, la fede.
La percezione dell'uomo però è filtrata da lenti azzurre che distorcono la realtà: una distorsione che però nelle parole di Kant non lascia intendere se si tratti di quantitativa o qualitativa della realtà.
La domanda che sorge spontanea è pertanto: l'uomo vede tutto e male, oppure vede parzialmente ma bene?
L'ipotesi che l'uomo veda tutto e bene è esclusa poiché altrimenti o il discorso di Kant è errato, o la realtà è fatta solo dal fenomenico (soluzioni entrambe care al nichilismo, ma incompatibili con la nostra trattazione). 
Quindi, tornando la discorso di prima, le lenti azzurre o ci ostruiscono parzialmente la vista, o ce l'annebbiano.
Questa nuova soluzione non fa altro che giungere alla rielaborazione del fenomenico: non più esteso tra due dimensioni (Spazio e Tempo), ma tre, dove il nuovo asse sarebbe la Percezione.
Il fenomenico non avrebbe motivo di essere senza l'uomo, in quanto nessun uomo potrebbe vedere, toccare, e pensare il fenomeno, quindi solo con l'uomo il fenomenico esiste, ma proprio perché vi è la Percezione, in quanto senza Percezione l'uomo non sarebbe uomo, anzi, non esisterebbe neppure l'uomo.
Quindi l'uomo è per il fenomeno solo Percezione, e solo la Percezione è la lettura, il mezzo per sentire il fenomeno: si tratta del rapporto tra uomo (o "io") e fenomeno (o "natura").
Il fenomenico sta dunque entro tre dimensioni, tre assi (x,y,z) che divengono Tempo, Spazio, Percezione.
Ma a questo punto il passo è breve a porre l'intera realtà (e non solo il fenomenico) in questo sistema a tre dimensioni, congiungendo fenomenico e noumenico. Si deduce che in assenza di Percezione (e quindi d'uomo) sarebbe tutto noumeno (in quanto Spazio e Tempo sono infiniti), quindi essendo la Percezione l'uomo, questi legge solo ciò che percepisce.
La storia ci ha dimostrato come l'asse della Percezione (si badi: finita e proporzionale alla ragione dell'uomo) abbia amplificato la sua portata in modo progressivo.
Quindi la Percezione tende a progredire in modo tale da trasferire dal metafisico al fisico quelle intuizioni che divengono fenomeno: al fulmine viene tolta l'etichetta di "metafisico" e la si sostituisce con quella di "fisico", e così via per qualsiasi cosa che resta all'uomo inspiegata... adesso!
Il Noumeno, ciò verso il quale si può credere solo mediante intuizione o fede, è ciò verso cui la Percezione non giunge. All'infinito l'uomo conoscerà il Noumeno che, attenzione, non sarà più tale, ma diverrà fenomeno. L'uomo, è in potenza, percezione finita ma in divenire tendente all'infinito. Non si può dire quindi che la realtà corrisponda solo con il Fenomenico, e quindi con la Percezione in quanto l'uomo non giunge oltre questa (come l'esempio sopra), ma la realtà comprende tutto, pure il Noumeno, che l'uomo, nel suo cammino verso la conoscenza, tramuterà in fenomeno.
Un tentativo di leggere il Noumeno in chiave fisica è stato fatto dall'Antroposofia di Steiner, cercando di unire Spirito e Scienza.

lunedì 29 marzo 2010

Filosofia della Musica

Graziano D'Urso
Il ligamen tra filosofia e musica è stretto a tal punto da figurare l'una il mezzo dell'altra per spiegare la natura; natura che è anche quella dell'uomo. La musica è, come tutte le altre arti, un mezzo di espressione non già dell'uomo, ma di quella Energia che tutto muove e tutto è. C'è chi la chiama Dio, c'è chi la chiama Idea, c'è chi la chiama Assoluto, c'è chi la chiama Noumeno, e così viaQuesta Energia si manifesta nella natura, in tutto il creato, con un'autocoscienza di sé  medesima che varia al variare di chi osserva, in quanto ci sono tanti mondi, e quindi nature, quante sono le interpretazioni di essi. L'interpretazione è coscienza, è natura conscia, che nell'uomo trova la sua massima espressione. Quindi la musica è espressione conscia di quella Energia manifesta, a più sfumature, nella natura. E se tutto è Energia, e la musica è manifestazione di questa, allora la musica è presente in tutta la natura, come tutte le altre arti, sopita, e solo quindi con la speculazione filosofica che si intende la musica come tale, e diviene mezzo per spiegare questo fenomeno. Qui interviene la missione del dotto fichtiana che consta nell'estrapolare, far venir fuori, la musica dalla natura coscia, che è l'uomo; e più il dotto è tale, più la musica si può estrapolare dall'uomo come la statua michelangiolesca dal crudo marmo.
Per la sua dolce o cruenta espressività, per la capacità di istruire e far provare emozioni, per la sua importanza ed imponenza, la musica è stata da sempre considerata arte e dono naturale.
Annoverata tra le Muse col nome di Euterpe, la musica è la massima espressione artistica tramandataci dall’antichità. Arte che abbraccia sublimemente le più alte speculazioni umane dal campo scientifico a quello umanistico, da quello religioso a quello propagandistico. Studiata come scienza, fruita come arte, prodotta come opera. Questa ha la capacità di entrare all’interno dell’animo umano avvolgendo in un turbine di passione e disinibizione i sentimenti ed i pensieri. 


Filosofia Moderna
Nella filosofia moderna la musica viene presa in considerazione nel Romanticismo, con particolare attenzione nell’Idealismo, e nel Pessimismo. 
I principali filosofi che trattano arte nell’accezione musicale sono:

Immanuel Kant (1724 – 1804)
La musica senza testo coglie, senza alcun concetto, la “bellezza libera”, che è giudizio estetico puro, quindi universale. Questa viene identificata come bello artistico, poiché ha l’apparenza o la spontaneità della natura.
Questa spontaneità proviene dal genio, che per usare le parole del filosofo di Königsberg: “E’ talento (dono naturale), che dà la regola all’arte. Poiché il talento, come facoltà produttrice innata dell’artista, appartiene anche alla natura, ci si potrebbe esprimere anche così: il genio è la disposizione innata dell’animo (ingenium) per mezzo della quale la natura da la regola dell’arte.” – Critica del Giudizio.
Friedrich Wilhelm Joseph Schelling (1775 – 1854)
L’arte è l’attività nella quale si armonizzano completamente spirito e natura, è la sintesi di un momento inconscio o spontaneo (l’ispirazione) e di un momento conscio e mediato (l’esecuzione cosciente), che rappresenta la miglior chiave per intendere la struttura dell’Assoluto: “L’arte è per il filosofo quanto vi ha di più alto, poiché essa gli apre quasi il santuario, dove in eterna ed originaria unione arde come in una fiamma quello che nella natura e nella storia è separato.” – Sistema dell’idealismo trascendentale.
Georg Wilhelm Friedrich Hegel (1770 - 1831)
L’arte rappresenta il primo passo attraverso cui lo spirito assoluto acquista coscienza di se medesimo, in quanto, tramite essa, l’uomo acquista consapevolezza di sé o di situazioni che lo riguardano mediante forme sensibili come la musica, le parole, le figure ecc. La musica conosce l’Assoluto nella forma dell’intuizione sensibile. – L’enciclopedia delle scienze filosofiche.

Arthur Schopenhauer (1788 – 1860)
La musica, oltre ad essere una via di liberazione dal dolore, si pone come immediata rivelazione della volontà a se stessa. Si configura come l’arte più profonda e universale e come una vera e propria “metafisica di suoni”, capace di metterci a contatto con le radici stesse della vita e dell’essere. Non è una via per uscire dalla vita, ma solo un conforto alla vita stessa. – Il mondo come volontà e rappresentazione.
Friedrich Wilhelm Nietzsche (1844 – 1900)
La musica nasce da un'identificazione totale dell'artista con "l'uno originario, col suo dolore e la sua contraddizione"; il prodotto di quest'identificazione è puro, non riducibile a concetti ed immagini: “La musica mai può diventare mezzo al servizio del testo, ma in ogni caso supera il testo; diventa dunque sicuramente cattiva musica se il compositore spezza in se medesimo ogni forza dionisiaca che in lui prende corpo, per gettare uno sguardo pieno d'ansia sulle parole e sui gesti delle sue marionette.” – Musica e parole.